Oggi è la giornata delle lingue madri

Lingue madri e “Re paròele de ne volte”. Corrado Spadavecchia: “Il dialetto è cultura”

Jennifer Tammacco
Jennifer Tammacco
Corrado Spadavecchia, scrittore e cultore del dialetto
Il molfettese, classe 1965, si è posizionato sul podio nel concorso nazionale "Non dimenticare il tuo dialetto" con la sua poesia "Re paròele de ne volte". Introdotto al dialetto da Gaetano Campo, è grande studioso e cultore della lingua madre
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Corrado Spadavecchia, scrittore e cultore del dialetto 2
Corrado Spadavecchia, scrittore e cultore del dialetto 2

Le lingue madri sono lo strumento più potente di conservazione e sviluppo del nostro patrimonio, tangibile e intangibile, alla base dell’emancipazione della nostra società. La giornata di oggi, 21 febbraio, è dedicata proprio a lei: la lingua madre.

Una giornata simbolo della lotta che promuove la diversità linguistica e culturale in un periodo in cui, purtroppo, è fortemente minacciata. L’obiettivo di abbattere il muro di cliché e preconcetti che tiene lontana la gente dalla vera e propria lingua madre, brodo primordiale nel quale siamo immersi fin da neonati: il Dialetto, rigorosamente con la maiuscola, almeno oggi, giornata in suo onore.

Corrado Spadavecchia, scrittore molfettese classe 1965, posizionatosi sul podio nel concorso nazionale “Non dimenticare il tuo dialetto” con la sua poesia “Re paròele de ne volte”, ripercorre le tappe di quella che è la sua passione, che l’ha portato a scrivere anche un libro che presto avrà un seguito. “Non mi sento uno scrittore affermato. Io scrivo per diletto e per diletto vengono letti i miei versi. Tutto quello che ho fatto e continuo a fare, lo faccio per passione. Mi sono dedicato per molti anni al teatro, scrivendo e mettendo in scena commedie in vernacolo locale e, anche dopo averlo abbandonato, il dialetto è rimasto comunque radicato in me”, le parole dell’autore.

È stato il maestro ormai defunto Gaetano Campo che ha introdotto Corrado, allora quarantenne, allo studio del Dialetto, vedendo in lui il suo “erede”, continuando dopo Campo, a scrivere poesie per l’Altra Molfetta. “Di fondamentale importanza è stato l’aver frequentato da adolescente il liceo classico -continua Spadavecchia- senza una formazione classica non avrei mai saputo analizzare interamente il dialetto nella sua complessità, poiché composto da dittonghi e accenti che caratterizzano determinate parole. Il dialetto rappresenta di certo un patrimonio culturale immenso che, nonostante il dinamismo che lo caratterizza, porta dietro di sé arcaismi che non sono altro che il risultato dell’incontro di varie culture nel corso dei secoli, un esempio è la parola ‘cuchele’ ossia ‘focaccia’ che deriva dal greco κύκλος la cui traduzione è ‘cerchio’”.

Corrado Spadavecchia quindi dimostra l’importanza dello studio di lingue che falsamente vengono considerate ‘morte’ ma che in realtà vivono nelle nostre case, a lavoro, tra i banchi di scuola e che echeggiano indisturbate tra le vie della nostra città. “Il Dialetto è cultura. Il Dialetto è alla base del saper parlare in modo corretto”, afferma.

È la nostra città la protagonista delle poesie di Spadavecchia, egli scrive di Molfetta per Molfetta: “Il nostro è un paese bellissimo e che non deve ‘perdersi’ ma ‘risorgere’ da questo periodo nefasto, riacquistando quella bellezza naturale che sta perdendo. Le cose non vanno bene qui a Molfetta”, prosegue Spadavecchia.

Un pensiero dello scrittore va a quest’epoca digitale dove l’arte, nel senso lato della parola, sta lasciando spazio ad una sorta di pigrizia intellettuale che sposta il centro dell’interesse dei ragazzi da attività creative, allo stare tutto il giorno su ‘tiktok’.: “Ai giovani voglio comunicare che questo loro modo di fare è completamente sbagliato, perché se io penso che nella mia infanzia un pallone rendeva felici ventidue persone e oggi ventidue telefonini non rendono felice un ragazzo, vuol dire che stiamo sbagliando qualcosa – il suo pensiero – I ragazzi dovrebbero riavvicinarsi ai libri, alla scrittura, a tutte quelle attività che fanno bene all’anima”.

Ma il messaggio di Corrado è forte e chiaro, amareggiato per questo periodo di conflitti e squilibri internazionali, comunica il suo stato d’animo in questo modo. “La poesia che io ho scritto, circa queste problematiche, ha il tema di ‘Guerra, pace e…libertà’ dove scrivo che purtroppo oggi questi tre sostantivi non si trovano più perché non c’è nazione dove le cose vadano bene, perché ormai ci si arricchisce smoderatamente a discapito degli altri – continua – La strada della tranquillità in realtà è semplice ossia cessare il fuoco. La poesia infatti termina ‘perché chi governa il mondo, non prendiamoci in giro, non può e non vuole cambiare, solo cristo lo può piegare’”.

In questa giornata celebrare il proprio dialetto non significa soltanto celebrare le proprie origini, ma non permettere che il futuro lasci alle sue spalle questo patrimonio culturale inestimabile. Il Dialetto non è degrado, ma crescita intellettuale.
“Non c’è da stupirsi che dagli studi della ricercatrice dell’Università di Zurigo, Federica Breimaier, sia emerso che parlare in molfettese abbia aiutato gente in coma a riprendersi”, conclude Spadavecchia.

mercoledì 21 Febbraio 2024

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Francesco Capurso
Francesco Capurso
2 mesi fa

Voglio complimentarmi con Corrado. Una esposizione chiara e non banale ,un “trattato” sulla nostra lingua madre rigoroso ricco di amore per la nostra città e per il nostro meraviglioso dialetto che esprime la sintesi delle diverse culture che in passato hanno plasmato la nostra straordinaria espresdivita’ di linguaggio. Mi associo alla tua disamina sulla “deriva” della creativita’ dei giovani e giovanissimi che ,per fortuna non tutti, li veicola sulla strada dell’ apatia .