Cultura

La campionessa semplice: Rachele Bruni a Molfetta

Pasquale Caputi
Rachele Bruni a Molfetta per presentare il suo libro
Vice campionessa olimpica, oggi gareggerà, ieri ha presentato il suo libro "Volevo solo nuotare"
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Il mio nuoto libero, se volessimo riecheggiare una canzone che ha fatto la storia.

Quello di Rachele Bruni per la sua passione è un inno totale. Il principio e il fil rouge di una vita condotta con la forza delle bracciate. Anche controcorrente. Senza paura. La Bruni, vicecampionessa olimpica nella 10 km in acque libere a Rio de Janeiro, è a Molfetta in queste ore. Parteciperà oggi al primo trofeo “Ammare”, competizione in acque libere che avrà inizio e conclusione nella spiaggia dell’ex Park Club.

Ma non ha aspettato di tuffarsi per fare il bagno di folla. Già ieri ha fatto capolino in corso Dante, nel centro sociale “Il Porto” gestito dal consorzio Metropolis, per presentare il suo libro. Il titolo? Non è un dettaglio: “Volevo solo nuotare”.

“Il nuoto fa parte di me – ha detto la Bruni – Ho sempre voluto nuotare, sin da quando mi hanno portato in piscina. Avevo il sogno di vincere l’Olimpiade e l’ho portato avanti”. Con leggerezza, per tanto tempo. Fluida e spensierata, almeno fino a che l’acqua è rimasta solo un’amica, una splendida compagna di viaggio. Col tempo, poi, le cose sono cambiate, gli allenamenti si sono intensificati, così come le vittorie. E quella passione è diventata ragione di vita. Sinonimo dell’esistenza, con tutte le sue contraddizioni.

“Pratico questo sport – ha proseguito – da 15 anni. Ogni giorno è costellato da tantissimi chilometri (18, in due sedute quotidiane, ndr). Se ti arrendi alla prima difficoltà e stanchezza, fai un passo indietro. Questo vale nello sport, così come nella vita. Si pensi alla mia storia. Era il 2014, le cose non andavano per il verso giusto e volevo smettere di nuotare. Poi sono uscita dal tunnel”.

Uscire dal tunnel non significa solo vincere titoli europei, salire su podi mondiali e olimpici, ma oltrepassare il muro della “terribilità”, come lei lo chiama, superare un massacrante esercizio di autoviolenza. Sei stanca? Fa’ finta di nulla: continua ad allenarti.

A moderare l’incontro, con domande che hanno contribuito a focalizzare l’attenzione sull’atleta Bruni e la persona Rachele, è stato Maurizio Castagna, responsabile della divisione Sport di “Sport Management”. È uno degli organizzatori dell’evento, assieme a Giuseppe De Palo, responsabile nazionale del settore disabilità dell’Asc, ente di valorizzazione sportiva che pratica “un’idea di sport aperto a tutti”.

De Palo è istruttore di nuoto per disabili, ha incarnato nella sua vita la filosofia del terzo settore, ovvero il desiderio di abbattere ogni barriera che si frapponga tra l’entusiasmo di una persona e i suoi presunti limiti fisici. Non sono concetti decontestualizzati. Tutt’altro: il ricavato della gara di oggi sarà devoluto proprio alle associazioni del territorio. “Integrazione sociale – spiega non a caso Luigi Paparella, presidente del consorzio Metropolis e partner dell’iniziativa – vuol dire accorciare le distanze. Ognuno può essere campione a suo modo, e Rachele Bruni lo è. È la testimonianza di chi ha iniziato un percorso e ha centrato i suoi obiettivi”.

Parola ancora alla Bruni, dunque, che dipana la matassa spesso complicata di un’umanità sincera, lontana dal clichè dell’atleta capricciosa e mondana. Te ne accorgi dalla faccia pulita e dalla semplicità dei concetti. Niente di articolato, la costruzione non esiste. Dalla pelle al cuore, dal cuore alla testa. “Il mio rapporto con il mio tecnico? – le chiedono – Amore e odio, e in fondo fa parte del gioco. Sono un’atleta complicata da allenare, ho bisogno di uscire dalle regole, non dico di fare cose matte, ma solo di lavorare un po’ meno in certi momenti. Il peso che do alle vittorie? Non sento il bisogno di sbandierare a tutti ciò che ho vinto. Il prossimo futuro? La medaglia olimpica non sarà irraggiungibile. Lotterò per vincere e ce la metterò tutta”.

Parole libere, come le sue bracciate. Meglio quelle in mare aperto, dove la temperatura cambia ogni metro e l’acqua non è sempre uguale a se stessa. Per chi ama la libertà e molto meno le virate, non può essere un dettaglio. Per chi “voleva solo nuotare”, l’azzurro del cielo non può essere occluso dal soffitto di una piscina.

sabato 26 Settembre 2020

(modifica il 28 Luglio 2022, 10:23)

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