Attualità

Molfetta si stringe attorno a Matteo d’Ingeo. La legalità difesa in piazza Municipio

Adriano Failli
L'iniziativa a sostegno di Matteo d'Ingeo
Ieri la manifestazione a sostegno dell'attivista del Liberatorio, dopo i fatti del 16 giugno scorso. Presenti tante realtà del territorio e le istituzioni
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Da una parte c’è la Molfetta che odia e attacca. Una città violenta che fa delle minacce il proprio linguaggio e degli attacchi alla persona fisica le proprie azioni quotidiane. Dall’altra parte c’è una Molfetta che risponde, si attiva, si organizza e difende semi valoriali che fanno fatica a germogliare. La Molfetta della legalità ha risposto presente e ieri si è radunata in Piazza Municipio, compatta, a sostegno di Matteo d’Ingeo.

Il fatto che ha riacceso la luce sull’argomento legalità è del 16 giugno, quando, in piena notte, un ordigno ha colpito l’abitazione di d’Ingeo, attivista molfettese e coordinatore del movimento “Liberatorio Politico”.

D’Ingeo, nella sua attività politica, che non svolge come professione, ha sempre provato a ricostruire vicende scomode che spesso mettono radici nel cuore del malaffare che risiede a Molfetta, accendendo talvolta la luce su fatti dimenticati da molti cittadini, o educando i più giovani. Alle sue battaglie, spesso le risposte sono arrivate con odio e atti intimidatori. Su tutti quello di poche settimane fa.

La controrisposta dei cittadini è stata immediata, costituendo in breve tempo una Rete per la legalità, sostenuta da trenta realtà del territorio che vanno da associazioni culturali, a movimenti e partiti politici, sindacati, scout, associazioni d’imprenditori. Infine, anche le istituzioni, nella persona del Sindaco Tommaso Minervini, non si sono tirate indietro dalla partecipazione. L’attività di questi giorni, che ha portato all’organizzazione della serata di ieri è stata riassunta da Sergio Amato, del presidio Libera.

Quattro interventi rappresentavano invece il cuore della discussione. Quattro storie. La prima è stata quella di Giordano Bufi e dei ragazzi di TESLA, più volte minacciati nella loro sede in via Ten. Ragno, perché promotori di un mondo nuovo in quel quartiere, fatto di musica e attivismo giovanile. “Accendevamo troppo la luce in un quartiere in cui ciò non era previsto” così Giordano, nel ricordare le parole di una signora, quando l’hanno interrogata tentando di comprendere come mai, dopo minacce e aggressioni fisiche, anche la proprietaria della loro seconda sede, che distava pochi metri dalla prima, aveva detto loro di andar via, che quello non era più il loro posto.

Seconda testimonianza è stata quella di don Nicolò Tempesta, parroco della parrocchia Immacolata, portatore del racconto della quotidianità, della difficoltà di poter realizzare le proprie attività, di far vivere il quartiere ai propri parrocchiani in maniera piena, senza difficoltà alcuna.

Poi è toccato a Matteo d’Ingeo, al suo racconto, alla paura di quelle ore e dei giorni successivi. “Abbiamo sottovalutato la bomba del primo marzo – così d’Ingeo, ricordando un primo episodio, con il portone della sua abitazione colpito da un primo ordigno – oggi però sono stufo di minimizzare. Adesso, la solidarietà, anche da parte dell’Amministrazione Comunale, si traduca in fatti concreti”.

Parola poi al sindaco, Tommaso Minervini, che riassume il senso dell’essere comunità in questa fase così delicata: “A nessuno è appaltabile la titolarità della legalità. La legalità o è corale o non è, deve essere una priorità per la cittadinanza. E questa si coniuga con la giustizia sociale. Quella bomba ha colpito l’intera comunità e ora vogliamo tradurre la drammaticità di questo fatto in una lettura di un certo livello, per una collaborazione concreta tra forza civili”. Tra le proposte, ha suscitato soddisfazione l’azione del presidente del Consiglio Comunale, Nicola Piergiovanni, di riattivare la Rete per i fenomeni delinquenziali. Un primo passo, come quello di ieri, per tornare a respirare aria buona a Molfetta.

sabato 30 Giugno 2018

(modifica il 29 Luglio 2022, 12:08)

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