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“Ricostruiremo il castello dopo il terremoto”. Nicola Farinola direttore di cantiere a L’Aquila

Pasquale Caputi
Nicola Farinola
L'ingegnere molfettese da quattro anni in Abruzzo per i lavori di ristrutturazione del forte cinquecentesco devastato dal sisma del 2009
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In tempi di rinascita è anche più bello raccontare storie di ricostruzione. E anche se stavolta non c’entrano covid ed emergenza sanitaria, il principio è lo stesso e risalta con la medesima evidenza. Tutti ricorderanno il terremoto che devastò L’Aquila nel 2009, mietendo centinaia di vittime e ferendo il territorio sotto l’aspetto urbanistico, culturale, archeologico, economico. Ebbene, se tutti ricorderanno questo, in pochi sapranno che nella ricostruzione del capoluogo dell’Abruzzo un ruolo di notevole importanza è rivestito da un ingegnere di Molfetta.

Nicola Farinola ha 47 anni, ma da tre e mezzo è direttore tecnico di cantiere dei lavori di ristrutturazione e consolidamento del castello spagnolo cinquecentesco di L’Aquila. Si tratta di un pezzo di storia per la città e la regione, un luogo dal riconosciuto valore storico e architettonico, danneggiato pesantemente dal sisma di undici anni fa. Non solo questo, però. Nicola ricopre lo stresso incarico per l’istituto delle salesiane.

Un ruolo complessivo di responsabilità tecnica, ma anche morale. La sensazione tangibile di essere parte importante della ricomposizione del passato e del presente. In direzione futuro. “Al mio arrivo – afferma – il centro storico era ancora devastato e distrutto. Negli anni precedenti le ricostruzioni erano state concentrate soprattutto negli edifici pluripiano fuori dal centro storico, per dar modo a quante più famiglie possibili di rientrare nelle proprie abitazioni. Ricordo che attraversando il corso (lungo più o meno quanto il corso Umberto di Molfetta), la visione era straziante: edifici abbandonati, che si trovavano nelle stesse condizioni post terremoto di sette anni prima, ingabbiati in una selva incredibile di puntelli e travi per la messa in sicurezza”. Un centro storico “senza vita”, in altre parole. Lo scheletro di un corpo privato dell’anima, un cuore derubato dalle pulsazioni e in compenso affollato dal dolore di tutti. “Ricordo ancora l’albero del Natale 2016 – prosegue Nicola – che illuminava una piazza completamente vuota. Al termine dell’orario di lavoro dei diversi cantieri, c’erano pochi locali e nessuna attività operativa, tranne quella per fornire un pasto caldo agli operai”.

La situazione oggi è nettamente migliorata. Le vie sono tornate a respirare vita. E sebbene sia necessario ancora molto tempo perché tutto torni come prima, molti tasselli sono nuovamente al loro posto. “Gli edifici prospicenti il corso – spiega Nicola – sono quasi tutti completati ed agibili e l’ultimo è andato in gara un mese fa. Idem per quelli su piazza Duomo tranne il Duomo stesso che deve ancora andare in gara. La ricostruzione ha permesso l’apertura di numerosi e nuovi locali di intrattenimento: ciò giova sia ai numerosi studenti che non hanno mai abbandonato completamente la città, sia a “incuriositi” turisti che, soprattutto nel weekend, popolano le viuzze del centro storico. Forse nel giro di cinque anni tutto potrebbe essere completato. Pertanto invito a diffidare dalle false notizie che a L’Aquila non si sia fatto nulla o poco”.

Ricostruire non è una cosa che si fa dall’oggi al domani, infatti. E nemmeno al dopodomani, a dirla tutta. Ci vogliono cura, rispetto, precisione chirurgica. Serve voglia di fare, ma anche lungimiranza. Occorre desiderio ardente di bruciare le tappe, ma anche competenza e pazienza. Tagliare il traguardo, infatti, è decisamente più importante di una medaglia sul petto per (eccesso di velocità. Non a caso la normativa è intervenuta pesantemente dopo i sismi degli ultimi tempi, andando a limitare alcune tipologie di interventi ed eliminandone altri. Dal punto di vista del “pensare” un edificio, per esempio, dallo scorso anno è diventato vigente il sistema Bim (Building information modeling) che obbliga gli enti appaltanti, le ditte e i progettisti a lavorare su un particolare file interdisciplinare, gestito da un software parametrico, in modo che vengano ridotte al minimo le interferenze tra strutture, architettura e impiantistica. Questo per i lavori pubblici da 100 milioni di euro. “Ma ogni anno – specifica il nostro concittadino – l’importo andrà diminuendo fino a esser cogente nel 2025 per tutti i lavori”.

Il castello, intanto, riprende vigore. “L’obiettivo – dice Nicola – è terminare i lavori nel minor tempo possibile, ovvero mediamente circa 26 mesi dall’inizio degli stessi, dando priorità agli interventi strutturali”.

Una bella sfida per l’ingegnere molfettese, che molti conosceranno anche per l’ottima carriera pallavolistica. E chissà che la “testa” dello sportivo non sia un valore aggiunto in un processo e un percorso che, quando tutto sarà finito, avrà il senso di una laica e speciale resurrezione.

Lui pensa solo a fare al meglio il suo lavoro. Con fiducia e sulla base di una solida esperienza. Un’esperienza che comincia da lontano, nel 2008, quando iniziò a lavorare a Roma, prima di passare a Firenze, dove è stato completamente assorbito dall’ufficio tecnico che si occupava della realizzazione del Nuovo Teatro dell’Opera di Firenze. Si tratta di una delle grandi opere per celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia. Ora L’Aquila e il castello cinquecentesco. “Si presume – conclude – che debba rimanere qui fino al completamento dei complessi e lunghi lavori di consolidamento, che dovrebbero svolgersi per almeno altri quattro anni”. Sarebbe il lieto fine di una bella storia di rinascita. Araba fenice dopo le macerie. Un castello di soddisfazioni. Di emozioni, più che altro.

lunedì 8 Giugno 2020

(modifica il 28 Luglio 2022, 14:05)

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