Tienitelo caro caro. “Come la cape de Sen Gherrare”. Dal vernacolo, “come la testa di San Corrado”. Modo di dire tipicamente molfettese. Perché sono i molfettesi a custodire le ossa di San Corrado.
Il busto d’argento, dove sono contenute le ossa e il teschio del copatrono molfettese e patrono della Diocesi, fu un dono alla cittadinanza a ringraziamento del pericolo scampato dalla forte pestilenza che colpi il nord barese nel 1656. Costó 800 scudi.
San Corrado e Molfetta sono un binomio nato quasi per caso. Il pellegrino bavarese si recava in Terra Santa e fu ospite dell’Ospedaletto dei Crociati. Corrado morì e il suo corpo fu posto a Modugno. Ma i molfettesi lo traslarono. E lo custodirono. Lasciandolo in eredità alla città.
Mentre alcuni si recavano a Modugno, il resto della cittadinanza, attendeva speranzoso dinanzi al Duomo. Era febbraio, il clima non era così mite come negli ultimi secoli e per riscaldarsi e far luce, ecco un falò. Un simbolo che si ripete ogni anno: la legna arde e il molfettese custodisce il ricordo.
Cosa si tiene custodito come la testa di San Corrado? Un dono, un regalo, qualcosa di prezioso, qualcosa che non si può riparare.
Anche una tradizione va custodita gelosamente. E’ quello che si fa ogni anno accendendo il falò. Pezzi di molfettesitá. Da custodire, come la cape de Sen Gherrare.