A 30 ANNI DAL DIES NATALIS DEL VENERABILE VESCOVO

“Fate spreco di generosità”. Il senso del 20 aprile nelle parole di don Vincenzo Di Palo

Domenico de Stena
Domenico de Stena
Il vescovo don Tonino Bello, in diocesi dal 1982 al 1993.
Il ricordo del Venerabile don Tonino Bello di cui oggi ricorre il trentesimo anniversario dalla morte.
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don Vincenzo di Palo
don Vincenzo di Palo

La data del 20 aprile nella diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, ma anche in diverse parti di Italia e d’Europa, è una data che dice qualcosa. Un giorno che suscita ricordi belli ad alcuni, a taluni immagini meno belle; c’è ancora chi si commuove per aver perso una guida personale prima ancora che spirituale, al pensare a quell’ultimo saluto sul porto di Molfetta. Chi è stato testimone diretto dell’episcopato di don Tonino Bello, la scatola dei ricordi non l’ha accantonata nei ripostigli della vita ma ne ha tratto ogni giorno, da trent’anni a questa parte, spunti ed insegnamenti per continuare a tenere viva la memoria, con i fatti concreti, di un vescovo ‘fatto santo’ che non era difficile incontrare per le vie della città, di notte come di giorno.

Trent’anni. Sentirli tutti. L’assenza di una persona che manca a tutti, ma che non voleva, forse, sentirsi dire che mancava a tutti. E che però ci è stata tolta troppo presto. Un vescovo, don Tonino, come si faceva chiamare, che ci ha passato il testimone, in un certo senso, in questa staffetta misteriosa chiamata vita. Testimone stesso che fatichiamo ancora a raccogliere per tentare di correre o quantomeno di stare al passo con ciò che ci accade intorno, nel solco dei suoi insegnamenti.

Un giovane seminarista, agli inizi degli anni Ottanta, è oggi parroco della Parrocchia San Pio X a Molfetta. Don Vincenzo Di Palo, classe 1971, è stato ordinato sacerdote il 19 marzo 1997; ha conseguito il dottorato in Teologia Morale ed ha ricoperto, per diversi anni, il ruolo di direttore del Servizio diocesano di Pastorale giovanile e successivamente dell’Ufficio diocesano per la Pastorale Familiare. Attualmente è assistente ecclesiastico regionale della federazione dei consultori familiari di ispirazione cristiana.

È all’epoca del seminario che hai conosciuto don Tonino, vero?

Si, la conoscenza e la frequentazione con don Tonino Bello risale al 1982. Io entrai in Seminario Vescovile a settembre e lui fu nominato Vescovo a novembre. Come seminaristi avemmo la gioia di conoscerlo tra le prime persone a Molfetta perché ci fu presentato dall’allora rettore don Felice di Molfetta.

E da quel momento in poi, don Tonino era la persona che, forse, incontravate più spesso…

Esattamente. Cominciò un periodo di frequentazione quotidiana in quanto lui pranzava quotidianamente con noi in seminario.

…come ragazzi, ma soprattutto come futuri sacerdoti.

Nel mio percorso vocazionale la sua presenza ha inciso sostanzialmente: la sua bellezza fisica interiore, la sua conoscenza del mondo di Dio e del mondo degli uomini, la sua bella spiritualità, e il suo creare cantieri continui per una chiesa sempre più evangelica. Questo ed altro hanno segnato la mia vita di ragazzo di giovane e di futuro prete.

Un punto di inizio fondamentale della tua vita sacerdotale è stata l’ammissione agli ordini sacri.

Era il 19 marzo 1993, a un mese dalla sua morte. Nonostante le condizioni fisiche glielo impedissero, ha celebrato la Messa nella sua stanza, durante la quale c’è stato il rito di ammissione agli ordini sacri per me e per un altro giovane seminarista. La sua omelia è stata il mio programma di vita; ci disse: “Io vi auguro che non stiate mai in testa e neppure in fondo, che possiate stare sempre in mezzo alla gente come Gesù. E poi… fate spreco di generosità”.

Spreco di generosità: sembra pronunciata oggi questa espressione…

Sono di una attualità quasi senza tempo. In questi ventisei anni di sacerdozio non ho mai dimenticato le sue parole e ho provato, al netto delle mie fragilità, a viverle con gioia, entusiasmo, passione e impegno.

Cosa ci dice don Tonino, oggi, a noi come comunità umana e cristiana al suo interno?

Non scopriamo certo oggi di vivere crisi profonde: di identità, di valori, di missione. È una comunità sfaldata, egoista, autoreferenziale, incapace di progettare, anche a lunga scadenza. Don Tonino ci inviterebbe a tornare alla persona, alla sua dignità ad un percorso di umanizzazione senza sosta.

Anche nella Chiesa?

Anche, dato che sembra di operare in una chiesa quasi disinteressata alle vicende terrene; a volte è più facile dire a parole le cose del cielo. Dovremmo impegnarci a sancire il primato della vita di ogni persona, di tutte le persone, la sua inviolabilità, la sua indisponibilità. E tornare ai fondamentali, e lavorare sull’immediato e sull’incombente.

Trenta lunghi anni. Il Papa a Molfetta nel 2018, oggi il Presidente della CEI; nel mentre altre figure importanti della Chiesa. Dietro l’angolo, però, il rischio che si abusi un po’ nel celebrare don Tonino.

Il rischio di celebrarlo sempre e dovunque è concreto ed evidente, è sotto gli occhi di tutti. Facendo ciò non si renderebbe giusta memoria a don Tonino e soprattutto non si continuerebbe la sua missione nella Chiesa e nel mondo. Constato con rammarico e tristezza un don Tonino dato in pasto a chiunque: lo si cita per qualunque iniziativa, anche non religiosa.

E per quelle religiose?

Per quelle religiose constato molto teatro, autocelebrazione e molta poca sostanza. Spero che le celebrazioni quanto prima cedano il posto all’evangelizzazione, intesa come primato dell’annuncio di Dio a cui segue il servizio alla persona.

Parrocchie vuote o comunque in netto calo sotto l’aspetto delle frequentazioni. Come si attua allora la Chiesa in uscita ideata da don Tonino e anche dall’attuale Papa?

Tante volte mi sono chiesto: se ci fosse stato don Tonino oggi cosa avrebbe detto, cosa avrebbe fatto, quali strategie e intuizioni profetiche avrebbe messo in atto? Le chiese si svuotano perché dentro la chiesa c’è il vuoto…perché “le persone della chiesa” sono vuote.

Quando torneranno a riempirsi?

Quando il mondo vedrà che la chiesa torna al Vangelo, imitando la prima comunità cristiana che si distingueva per l’amore concreto e per la solidarietà.

Amore e solidarietà, nel duemila ventitré?

Non è difficile! L’eredità di don Tonino, quella letteraria e quella dei gesti, è così vasta che la Chiesa, nello specifico quella diocesana, potrebbe con serietà e fermezza metterla in pratica. È l’auspicio per questa nostra chiesa a cui don Tonino ha dato la vita.

Come si sta al passo di una figura mistica, fatta di doti naturali ma per certi aspetti anche soprannaturali, dettate dal Vangelo sine glossa con le sue radicali esigenze, e con le sue domande destabilizzanti? Come si fa a rispondere a quelle domande destabilizzanti che come un tarlo, da trent’anni o forse più, la vita spirituale e morale ci pone e alle quali da credenti dovremmo dare risposta? Come si fa, seriamente, ad incarnare il Vangelo partendo dai poveri, dagli ultimi? Come si fa ad abbandonare le pretese, a stare con umiltà, accanto a chi è alla ricerca di fiducia e speranza?

giovedì 20 Aprile 2023

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