Se la morte è come una “livella”, per dirla con le parole di Totò, magari per Paolo De Palma, spentosi stamattina nella sua Molfetta, finalmente è arrivato il momento di sentirsi come tutti. Una vita “in periferia”, quella di Paolo. Non tanto periferia a livello abitativo, visto che proprio la sua casa in pieno centro era stata recentemente oggetto di polemiche e attriti, ma periferia sul piano umano. Troppe volte Paolo era stato oggetto di scherno e derisione, in tante circostanze era stato lasciato solo, con i suoi limiti, le sue convinzioni. Eppure, al netto delle vicissitudini che contraddistinguevano la sua quotidianità, Paolo era un figlio di Molfetta. Di una Molfetta magari marginale, a tratti emarginata, ma che sentiva sua.
Noi, come tanti, lo ricorderemo con il suo cane, il suo motorino, il suo intercalare quasi esclusivamente dialettale. Non mancherà il ricordo dei disagi e delle durezze, persino delle sfumature di una vita al limite, specialmente negli ultimi anni. E forse quest’ultimo sarà anche un monito. Affinché nuovi Paolo, nuovi figli della città, siano lasciati meno soli, cammin facendo.
Perché la solitudine può persino essere una scelta, ma anche tendere una mano è un gesto della volontà.
Paolo, ti sia lieve la terra. Ti ricorderemo per ciò che eri. Una persona semplice, da voler bene. Uno dei tanti. Come tutti.
Ciao Paolo…!
sono un coetaneo di “paulucc”negli anni ’60 ero un vicino di casa e a volte abbiamo giocato insieme,lui era matto anche da bambino ed è stato ricoverato a Bisceglie,poi con la chiusura dei manicomi è stato libero e fino a quando viveva la madre lei lo riusciva a gestire.Poi anche i familiari lo hanno abbandonato (giustamente)perchè lui era ingestibile.Era da tenere rinchiuso.La legge 180 è stata una cosa sbagliata