Molfetta è da sempre abituata all’ospitalità e alle nuove partenze, ma da madre di marinai, è capace di riabbracciare chi è di ritorno. Questa volta, infatti, il molfettese di fuori non è colui che ha lasciato la propria terra con la speranza di un prossimo ritorno, ma chi, dopo aver riempito la propria valigia, ha ritrovato la strada di casa.
Maria Rosaria Centrone ne è l’esempio: dopo 12 anni vissuti tra Italia, Germania, India ed Egitto, è riuscita a rientrare a casa, portando con sé la sua attività.
Nel 2005 lascia Molfetta alla volta di Napoli ed esattamente cinque anni dopo si laurea in lingue e culture orientali. «La facoltà non era presente a Bari e contemporaneamente sentivo la necessità di fare qualcosa che mi portasse il più lontano possibile – racconta – inizialmente sapevo che di sicuro la direzione sarebbe stata verso est, data la mia curiosità per la filosofia e l’esoterismo orientali».
I suoi studi, infatti, si sono concentrati principalmente sulla letteratura indiana e sulla lingue hindi e farsi. Segue la vittoria di una borsa di studio a Nuova Delhi, dove per ben 5 anni si è specializzata in storia coloniale e post-coloniale, per poi successivamente entrare nel mondo della cooperazione internazionale, collaborando con varie organizzazioni nell’ambito dei diritti dei bambini e del lavoro minorile. Due anni in Egitto, precisamente nella grande capitale Il Cairo, presso l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) sempre lavorando su temi legati alla violazione dei diritti umani e, in particolar modo, dei bambini; infine, dal 2016 al 2018, il suo rientro in Europa con un master in Germania volto a rafforzare ulteriormente quanto appreso nel corso della sua carriera.
«A metà del 2018 ho avvertito il bisogno di sentirmi a casa – racconta – erano ormai trascorsi 12 anni dalla mia prima partenza, periodo lungo il quale la mia valigia era sempre pronta a ripartire: avevo davvero la necessità di ritrovare un posto dove acquistare un divano senza la consapevolezza di doverlo dar via pochi mesi dopo».
Inevitabilmente la nostalgia per la sua Molfetta.
«Non riesco a descrivere la mancanza del mare – spiega – la vita mi ha portata a vivere in città nelle quali la prima spiaggia distava svariati chilometri, questo oggi mi ha resa consapevole di non poterne fare a meno in un prossimo eventuale trasferimento».
Gli anni lontana, però, sono stati fatti anche di cultura e folclore traghettati oltreoceano.
«Non sono brava a cucinare – chiarisce Maria Rosaria – ma posso garantire di aver reso internazionali nostri modi di dire. Ne è esempio, Anushka, una mia amica indiana, che ancora oggi continua ad usare la frase “the octopus has to cook in its own sauce”, fedele traduzione del nostro “Il polpo si cuoce nella sua stessa acqua”».
Uno scambio, però, non univoco. La molfettese ci racconta del suo periodo universitario in India, quando viveva nel campus universitario immerso nel polmone verde di Nuova Delhi. Si trattava di una zona in continua costruzione e che per questo pullulava di baraccopoli: «Lì i muratori, con le loro famiglie, sono migranti e vivono in baraccopoli – chiarisce – così con i miei colleghi, al tempo studenti come me, attraverso “Unnoticed” un’associazione da noi fondata, abbiamo cercato di migliorare la formazione e situazione sanitaria dei più piccoli». Le foto scattate in India sono state esposte più volte a Molfetta, quasi a tracciare un filo rosso e a segnare il legame tra le due realtà, reso possibile solo grazie alla sua mediazione.
Oggi Maria Rosaria è una consulente indipendente, non solo come ricercatrice per Unicef, ma anche nelle vesti di presidente e co-fondatrice di “Articolo12”, un’organizzazione nata con l’obiettivo di promuovere i diritti dei bambini e degli adolescenti sul territorio italiano.
«Oggi posso dire di aver realizzato il mio sogno, per ora».